La vita:
Niccolò Ugo Foscolo, nato a Zante,il 6 febbraio 1778 (e deceduto a Londra, 10 settembre 1827) è stato un poeta e scrittore italiano, uno dei principali letterati del neoclassicismo e del romanticismo.
Costretto fin da giovane ad allontanarsi dalla sua patria (l'isola greca di Zacinto/Zákynthos, oggi nota in italiano come Zante), allora territorio della Repubblica di Venezia, si sentì esule per tutta la vita, strappato da un mondo di ideali classici in cui era nato e cresciuto (nonostante un fortissimo legame con l'Italia che considerò la sua madrepatria).
« Salve Zacinto! all'antenoree prode,
de' santi Lari Idei ultimo albergo
e de' miei padri, darò i carmi e l'ossa,
e a te il pensier: ché piamente a queste
Dee non favella chi la patria oblia. »
(Ugo Foscolo, Le Grazie, Inno I, vv. 108-111)
La sua vita fu caratterizzata da viaggi e fughe, a causa di motivi politici.
Egli, privo di fede religiosa in quanto intellettualmente formatosi alla scuola degli Illuministi più materialisti, ed incapace di trovare felicità nell'amore di una donna, avvertì sempre dentro di sé un infuriare di passioni.
La linea dei suoi studi fu all'inizio tradizionale, con la lettura dei classici, gli esercizi di traduzione soprattutto da Saffo, Anacreonte, Alceo e Orazio; passò poi a più ampie letture, tra le quali quelle degli autori del Settecento e numerose altre.
La passione per la letteratura fu convinta e precoce.
Nel 1794
trascrisse una quarantina dei suoi componimenti poetici, in parte
originali e in parte frutto di traduzioni, che risentivano degli
influssi arcadici soprattutto nel metro e nel linguaggio e che inviò al cugino Costantino Naranzi.
Introdotto dal bibliotecario Morelli nei salotti delle nobildonne veneziane, quello della dotta Giustina Renier Michiel e della sua rivale, la bella Isabella Teotochi Albrizzi (prima grande passione amorosa del poeta, di cui parla nel Sesto tomo dell'io), conobbe Ippolito Pindemonte e altri poeti di successo come Bertola.
Immerso nella temperie culturale veneziana dell'epoca, fervente e
cosmopolita, Foscolo ebbe modo di frequentare anche altri salotti e
ritrovi letterari della città, dove si dibatteva intorno alla Rivoluzione francese.
Il 30 ottobre del 1795 inviò per un parere al Cesarotti, docente presso lo Studio padovano, il manoscritto della tragedia Tieste, di carattere alfieriano e viva di fervori giacobini.
Foscolo vide subito in Vittorio Alfieri un modello da seguire; egli trasse il suo stile giovanile proprio da lui, e lo decantò in molte opere.
Pare però che Alfieri, anche se non rispose alla lettera del
Foscolo, avesse elogiato con alcuni conoscenti lo stile della tragedia,
prevedendo il grande avvenire letterario dell'allora giovane ufficiale
napoleonico,e futuro primo vero poeta-vate
dell'Italia risorgimentale.
In particolare, avrebbe affermato che quel
giovane l'avrebbe superato in quanto a gloria letteraria.
Intanto, il giovane poeta mostrava segni di insofferenza verso la
società veneziana e i suoi salotti, votati all'esteriorità e alle
convenzioni, e lontani quindi dal suo spirito libero. Decise pertanto di
effettuare un soggiorno a Padova,
stimolato dai fermenti culturali della città come dal desiderio di
conoscere Cesarotti e i suoi seguaci.
In seguito Foscolo fu prima a Venezia e poi a Bologna, dove prestò brevemente servizio come volontario tra i Cacciatori a cavallo della Repubblica Cisalpina.
il 17 ottobre di quel 1797 così esaltante per i patrioti democratici, terminò con il Trattato di Campoformio con il quale Bonaparte cedeva Venezia all'Austria asburgica e il giovane Ugo, pieno di sdegno, dimessosi dagli incarichi pubblici, partì in volontario esilio e si recò prima a Firenze, poi a Milano.
Partecipò alla difesa di Genova assediata (pur non vedendo di buon occhio la guerra) dove venne ferito nei pressi di Forte Diamante, e in questo periodo ripubblicò l'ode A Bonaparte liberatore
aggiungendovi una premessa nella quale esortava Napoleone a non
diventare un tiranno, e modificando l'ottava strofa, per affermare con
chiara coscienza l'idea dell'unità d'Italia erede di Roma antica.
Dopo la sconfitta di Napoleone Bonaparte a Lipsia, nell'ottobre del 1813, e l'abdicazione del 1814,
Foscolo ritornò per la quarta volta a vivere a Milano, riprendendo il
proprio grado nell'esercito e compiendo un disperato tentativo di
raccogliere uomini disposti a sacrificarsi per la città, ma l'arrivo in
città degli austriaci abbatté la sua fiducia in una futura Italia indipendente.
Povero e debole, gli venne diagnosticata una malattia al fegato, esito probabile di tubercolosi miliare che fece peggiorare ulteriormente le sue condizioni di vita;
« Di vizi ricco e di virtù, do lode
Alla ragion, ma corro ove al cor piace:
Morte sol mi darà fama e riposo. »
(Sonetti)
Decise dunque di trasferirsi nel piccolo sobborgo londinese di Turnham Green, dove si ammalò di idropisia polmonare, stadio finale della malattia, e venne inutilmente operato per due volte dal medico italiano che lo assisteva.
Ugo Foscolo morì infine il 10 settembre del 1827 a quarantanove anni; la figlia, che lo accudì fino all'ultimo, morì circa due anni dopo a soli 22 anni.
Pensiero e poetica:
Foscolo aderì con convinzione alle teorie illuministiche di stampo materialistico e meccanicistico.
In lui il pessimismo e l'ansia di eternità si agitano dando un tono drammatico a poesia e a prosa.
Volendo recuperare alcuni valori spirituali in non completo disaccordo
con la ragione, egli preferì alla fede una propria, personale,
"religione delle illusioni", a differenza ad esempio del Manzoni.
Diverse furono le concezioni di fondo alla base del pensiero dell’autore:
-Visione atea dell’universo infinito, che porta l’uomo, dopo la sua morte,
a dissolversi nel nulla;
-Vita intesa come sofferenza la cui soluzione è la morte, causata perlopiù dal suicidio;
-Le illusioni, come l’amicizia, la poesia e l’amor patrio, capaci di
alleggerire il peso delle tragedie e delle delusioni della vita umana.
Tra le sue opere più importanti e significative troviamo: "I sepolcri"
(è costituito da 295 endecasillabi sciolti)
Il Foscolo concentra un intero mondo di pensieri, sentimenti, immaginazioni e miti
in modo stringato senza eccedere in parole non necessarie e riuscendo,
in 295 endecasillabi sciolti, a passare dalle tombe senza nome ai
cimiteri medievali e quelli inglesi, dalle tombe di Santa Croce al campo di battaglia di Maratona,
da Parini e Alfieri a Omero, da Nelson ad Aiace, dal mondo di Vico all'Italia di oggi e a Troia distrutta, con il medesimo impeto di affetti e di tesi che aveva adoperato nei Sonetti e che conferisce al suo stile quell'impronta originale che è connaturata alla forza della sua personalità.
Fede<3
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